JEEP® WRANGLER

Quattroruote
01/05/2020
Non solo diesel: con il 2.0 turbobenzina di origine Alfa, l’icona americana regala soddisfazioni. Anche in off-road, dove si conferma inarrestabile. A confronto la cinque porte in versione bellicosa e la tre in un assetto più civilizzato.

Là dov'è nata e dove scorrazza libera fra canyon e praterie ha sempre tracannato benzina, per lo più attraverso sei grossi cilindri. E sebbene adesso - per la prima volta nella storia - la Wrangler venduta negli Stati Uniti abbia a disposizione un diesel (3.0 V6, non il nostro quattro cilindri 2.2 litri), è presumibile che gli americani continueranno a diffidare del combustibile di Satana, così come lo definiscono gli estremisti. Per noi sull'altra sponda dell'Oceano, invece, la ruota ha sempre girato al contrario. Il diesel come scelta obbligata, o quasi, eccezion fatta per qualche purista che si lanciava temerario sulle poche unità a benzina ufficialmente commercializzate o d'importazione. La situazione forse non cambierà, anche in tempi di gasolio ingiustamente incriminato, ma un ragionamento sull'alternativa a benzina non costa nulla. Oltre al 2.2 Multijet, che abbiamo provato nell'ottobre 2018, la Wrangler ha infatti a disposizione il 2.0 TB, anch'esso di origine Alfa Romeo come l’unità a gasolio. In queste pagine lo trovate dentro il cofano della più civile Sahara a tre porte e della belligerante Rubicon in versione lunga Unlimited, a cinque porte. E prima di parlare delle diversità fra queste due versioni, un raffronto con la diesel vale la pena di farlo subito.

STESSO PREZZO, PIÙ CAVALLI - Si sappia subito che, listino alla mano, la scelta di un propulsore o dell'altro non comporta alcuna differenza di prezzo. I due, a parità d'allestimento e carrozzeria, costano esattamente la stessa cifra: 56.000 euro per la corta, 59.500 per la lunga. I numeri cambiano eccome, invece, quando si tirano in ballo i cavalli: 272 a benzina contro 200, con la coppia che è sì a favore del gasolio ma non in maniera determinante: quest'ultima propulsione vanta 50 Newtonmetro in più (450 in tutto) espressi a 1.000 giri in meno (2.000 contro 3.000).
Ho tenuto per ultimo, perché richiede qualche parola in più, il primo quesito che ci si pone davanti al bivio fra i due combustibili: i consumi. E qui il diesel vince facile grazie alla sua maggior efficienza. Un confronto diretto non è possibile, perché le Wrangler provate a suo tempo avevano una combinazione opposta alle attuali (Rubicon corta, Sahara lunga), ma una fotografia piuttosto chiara della faccenda riusciamo comunque a farla: in media, la Sahara 2.0 turbobenzina a tre porte copre 9,1 km/litro e la Rubicon Unlimited 8,4, mentre la versione a gasolio lunga arriva fino a 10,2 km/I. Il divario, quindi, com'era immaginabile, c'è. Ma a dire il vero non è clamoroso e le percorrenze delle Wrangler a benzina, considerato il peso, i pneumatici e, soprattutto, un'aerodinamica non proprio figlia di una sofisticata galleria del vento, sono meglio di quanto ci si potrebbe immaginare. Inoltre, il lato positivo della faccenda è l'autonomia, grazie a un serbatoio che sulla Unlimited arriva addirittura a 81 litri (66 per la tre porte), con il risultato che mediamente è possibile coprire quasi 700 chilometri senza soste.

CHE BELLA SPINTA - Che cosa c'è sull'altro lato della medaglia? Un motore che, in quanto a sostanza, fa dimenticare piuttosto in fretta il turbodiesel. Per certi versi funziona pure meglio del V6 3.6 da 285 cavalli, tentazione comunque a noi preclusa in quanto è disponibile soltanto negli Usa. Del sei cilindri che ho avuto modo di provare negli States al debutto della quarta serie della Wrangler, rimpiango soltanto il suono, più nobile e accattivante rispetto a un quattro cilindri. In particolare di questo, che così com'è accordato non risulta molto appagante per l'udito. Come dicevo, però, si fa perdonare con la spinta: ce n'è tanta e subito, soprattutto là in basso, dove il V6 è un po' più carente (100 Newtonmetro in meno), in quanto aspirato. Perciò anche chi vorrà fare di questa Wrangler turbobenzina un uso off-road può stare sereno: in fuoristrada servono coppia e reattività ai bassi regimi, per muoversi in agilità fra gli ostacoli, e questo due litri non si fa pregare. Nemmeno se gli si chiede di più e ci si porta a quote maggiormente elevate, dove la brillantezza aumenta di pari passo al salire dell'ago del contagiri.

Per dare un ordine di grandezza, i 22 quintali circa delle due Jeep® riescono ad arrivare a 100 km/h in meno di 8 secondi, per l'esattezza 7,6 la corta e 7,8 la lunga. E pure quando c'è da riprendere velocità, l'elasticità e la progressione di questo propulsore permettono di farlo in grande scioltezza, per merito anche dell'ottima trasmissione a otto rapporti, uno dei più grandi passi avanti rispetto alla precedente Wrangler. Sì, perché l'ultima generazione di questa Jeep® è rimasta fedele alla tradizione del modello, crescendo però su più fronti. Da quelli meno visibili, ossia un rivisitato telaio di acciaio e componenti di alluminio per ridurre la massa, ad altri che invece sono immediatamente percepibili.
Mi riferisco all'abitacolo, in particolare. Con una plancia che appare più curata quanto a qualità e al passo con i tempi per le dotazioni. Lo stampo resta sempre quello classico, con un design che bada al sodo e una certa abbondanza di tasti e comandi. Ma tutto è ben distribuito, identificabile e le informazioni che servono arrivano subito: la strumentazione miscela alla perfezione la chiarezza degli indicatori analogici con l'ampio display digitale sfogliabile con i tasti al volante per le informazioni secondarie. Ancora, il display da 8,4 pollici dell'impianto UConnect è sistemato nella parte più alta della plancia e prevede un vetro anti-riflesso, che rende agevole la consultazione anche quando si viaggia con la tela morbida abbassata e i raggi solari inondano l'abitacolo.
Sedersi su una Wrangler, poi, resta un'esperienza piacevole, se non altro perché differisce notevolmente dalla quasi totalità delle auto in circolazione. Le quali, di certo, non richiedono di appoggiare un piede su una pedana, di aggrapparsi alla maniglia sul montante e di tirarsi su per prendere posto sul sedile. Lassù domini la strada, vedi per bene il grande e squadrato cofano attraverso il parabrezza pressoché verticale e ti senti appagato. Semmai infastidisce soltanto l'assenza dell'appoggiapiede sinistro.

QUESTIONE DI GOMME - In movimento, al netto della sorprendente spinta propulsiva del 2.0 turbobenzina, è sempre la solita, unica Wrangler. Con lei occorre imparare a convivere, aggiungendo un'altra serie di unicità che la rendono diversa dalle altre: dallo sterzo estremamente demoltiplicato, che richiede ampi angoli anche per un curvone autostradale, ai movimenti progressivi ma assai rallentati in ogni situazione. Fra Sahara e Rubicon, poi, c'è da mettere in conto i differenti pneumatici, rispettivamente all season e da fango. Viene da sé che i tasselli producano una rumorosità notevole, al limite del sopportabile ad andature autostradali. Mentre sul fronte dinamico comportano meno rinunce di quanto si potrebbe immaginare: la Rubicon perde qualcosa in frenata — lunga per entrambe — e in termini di dinamismo, se così posso definirlo. Si rifà però con gli interessi, come spiegato nell'apposito spazio, quando la strada prende una brutta piega.

Unlimited è la denominazione della versione lunga a cinque porte. Di serie ha il soft top: la sua parte anteriore può essere aperta sbloccando le due leve, mentre quella posteriore va totalmente rimossa. Con l’apposita chiave è anche possibile smontare le portiere e il parabrezza.

TECNICA – La peculiarità delle due Wrangler in prova è il motore, un due litri turbo a iniezione diretta con basamento di lega leggera. Si tratta di un parente stretto del propulsore di pari cubature delle Alfa Romeo Giulia e Stelvio: rispetto al quale, però, ha una testata completamente diversa. Qui manca la distribuzione monoalbero con alzata e fasatura variabile delle valvole di aspirazione MultiAir (sviluppata dal centro ricerche Fiat), sostituita da un più comune schema bialbero con doppio variatore di fase.

AMANO IL GIOCO DURO – Non potevamo esimerci, ovviamente, dal portare le due Wrangler sulla nostra pista off-road di Vairano per metterle alla frusta sul terreno a loro più consono. Qui abbiamo avuto la riprova delle straordinarie doti fuoristradistiche del modello. In particolare quelle della versione Rubicon, dotata di pneumatici tassellati e di differenziali bloccabili, per avere maggior presa, nonché della barra stabilizzatrice scollegabile, che aumenta l’escursione delle ruote, innalzando ancor di più le qualità di base. Di contro, in certe situazioni sono emersi i limiti della carrozzeria a cinque porte: il passo lungo rende mento favorevole l’angolo di dosso e, quando c’è da scavalcare un ostacolo, si rischia di toccare con il fondo. Problema che non si pone nel caso della Sahara a tre porte, più a suo agio nella trincea e nel trial. Le sue gomme stradali e i differenziali aperti, d’altra parte, rendono più difficoltosi i passaggi in cui serve grip.

LE ARMI IN PIÙ – La Rubicon, rispetto alla Sahara, offre la possibilità di bloccare i differenziali, su entrambi gli assi contemporaneamente oppure solo quello posteriore. In più, con il tasto Sway bar si può scollegare la barra antirollio anteriore: serve per conferire maggior escursione alle articolazioni nei passaggi più impegnativi.

CON IL PASSO CORTO ÈMEGLIO – Al di là delle differenze tecniche fra gli allestimenti Rubicon e Sahara, la carrozzeria gioca un ruolo fondamentale se ci si vuole cimentare nell’off-road più spinto. Se infatti fra le due versioni ci sono scarti marginali per quel che riguarda gli angoli di attacco e d’uscita, come pure per la capacità di guado, la differenza sta nell’angolo di dosso, cioè la capacità di scavalcare un ostacolo senza toccare con il fondo del telaio.
la tre porte arriva a 26°, mentre la “cinque” si ferma a 21°. Questa differenza deriva dal notevole divario di passo fra le due: ben 55 centimetri.

VALUTAZIONI

  • PENDENZA LATERALE: la Sahara affronta la pendenza al 30% in sicurezza, ma per via del passo corto alza le ruote di circa 30 cm; ampi margini per gli angoli di attacco e uscita. La Rubicon è favorita dalla barra scollegabile, che aumenta l’escursione e mantiene così le ruote sempre poggiate a terra.
  • RAMPA IN SALITA: Con la Rubicon, grazie al blocco dei differenziali e alla maggior presa dei pneumatici, arrampicarsi su una salita di ghiaia è una pura formalità. La Sahara fatica un po’ di più in termini di grip, ma ci riesce comunque: basta essere decisi. Se ci si ferma, però, non riparte più.
  • RAMPA IN DISCESA: Entrambe dispongono di Hill descent control, dunque scendono in maniera sicura e composta, gestite dall’elettronica. Si può impostare una velocità fissa di discesa, ma, nel caso si lasci fare al sistema, l’andatura della Sahara è più bassa per via del minor grip.
  • TRINCEA: La carrozzeria è determinante nello scavalcare la trincea. La corta super quella a 66°, pur con uno stacco di ruote da terra notevole. La Rubicon si ferma invece a 58°, perché oltre questa soglia la scocca tocca il terreno, a causa del minor angolo di dosso.
  • TWIST: il passaggio prevede due ruote diametralmente opposte sollevate. Entrambe passano in modo agevole, con la Sahara che solleva appena le ruote e tende a scivolare lateralmente. La Rubicon, grazie ai pneumatici tassellati, procede regolare e incollata al suolo.
  • TRIAL: Un percorso fatto di profonde buche e dossi impegnativi, con curve strette. Qui la Rubicon è penalizzata nel misto, per i trascinamenti che si creano a differenziali bloccati e per la carrozzeria lunga. Quest’ultima comporta anche qualche impatto con il fondo sui dossi.

ABITABILITÀ, VISIBILITÀ E VANO DI CARICO: Fra la Wrangler a cinque porte e la versione corta ci sono ben 55 cm di differenza, sia in lunghezza sia nella misura del passo. Questa naturalmente si riflette nell’abitacolo, non tanto davanti quanto nella zona posteriore: sulla tre porte lo spazio per le gambe è un po’ più contenuto e la panchetta più stretta per via dell’ingombro dei passaruota, con il risultato che l’auto è omologata per quattro persone anziché per cinque. Oltre all’accessibilità posteriore più difficoltosa, a pagare pegno è il baule: i 392 litri garantiti dalla cinque porte, che già di suo non è un gran valore, sulla Wrangler corta scendono a sol 174. Per guadagnare spazio, però, la panchetta posteriore può essere ripiegata o rimossa.

L’allestimento Sahara è più urbano rispetto al Rubicon. Le ruote sono da 18 pollici anziché da 17 e i pneumatici all season invece che tassellati da fango. La trasmissione prevede le marce ridotte, ma non il blocco dei differenziali e nemmeno lo sgancio della barra antirollio anteriore.

La Sahara è meno rumorosa, ma le dimensioni del baule sono davvero ridotte.

PAGELLA

  • POSTO GUIDA – Manca il supporto per il piede sinistro, che migliorerebbe l’ancoraggio in off-road. Ciò detto, regolazioni complete.
  • PLANCIA E COMANDI – Più moderna, ma sempre old school. I pulsanti, parecchi, sono tutti ben distribuiti e facilmente accessibili.
  • STRUMENTAZIONE – Grafica gradevole e ben fruibile. I due strumenti analogici sono chiari; in più c’è il display da 7’’ con info aggiuntive.
  • INFOTAINMENT – Lo schermo da 8,4’’ è in alto e con vetro antiriflesso. Ci sono servizi online e connettività per smartphone.
  • CLIMATIZZAZIONE – Bizona automatico gestibile sia dal display sia con tasti fisici. Buona stabilità ed efficacia, anche dietro.
  • VISIBILITÀ – Bene davanti: i montanti non danno noi. Dietro, la ruota di scorta più bassa di 30 cm rispetto a prima aiuta.
  • FINITURA – Non eccelle in assoluto, ma il salto di qualità è evidente. Soprattutto nel caso della plancia.
  • ACCESSORI – Più ricca della vecchia generazione, sebbene il listino sia cresciuto parecchio. La dotazione è completa.
  • DOTAZ. SICUREZZA/ADAS – Il MY 2020 ha finalmente introdotto la frenata automatica d’emergenza e il regolatore di velocità attivo.
  • ABITABILITÀ – La tre porte, per via del passo corto, è meno vivibile dietro, sia in larghezza sia quanto a spazio per le gambe.
  • BAGAGLIAIO – La differenza sta qui: appena 174 litri per la versione corta contro i 392 della lunga, che pure non è un record.
  • CONFORT – Delle sospensioni non ci si può lamentare. Dei decibel, sì. Specie sulla Rubicon, con gomme tassellate.
  • MOTORE – Calza come un guanto alla Wrangler: brillante, ma anche vigoroso e ricco di coppia per cavarsela in fuoristrada.
  • ACCELLERAZIONE – I 272 CV danno prova della loro forza spingendo le due fuoristrada a 100 km/h in tempi davvero ridotti.
  • RIPRESA – La tre porte, sebbene abbia un rapporto finale più lungo, pesa meno e dunque riprende velocità meglio.
  • CAMBIO – L’otto marce è fluido a sufficienza. Le ridotte e la modalità manuale sono un must per l’off-road.
  • STERZO – Classico comando da fuoristrada: è vago al centro, molto demoltiplicato e tende a indurirsi nell’uso veloce.
  • FRENI – Spazi piuttosto lunghi in qualsiasi situazione. La Rubicon è sfavorita dai pneumatici e dalla massa superiore.
  • COMPORTAM. DINAMICO – Non va in crisi grazie all’elettronica ottimamente tarata. Però è lenta nei movimenti e l’agilità non è il suo forte.
  • CONSUMO – La resistenza all’avanzamento è elevata, perciò niente miracoli. Peso e gomme penalizzano la Rubicon.

PREGI: Off-road: il suo terreno d’elezione, in particolare per la Rubicon che è più attrezzata; Erogazione: il due litri turbo si presta bene a ogni tipo di utilizzo.
DIFETTI: Freni: spazi di arresto lunghi, tanto più quando l’aderenza non è uniforme; Consumo: elevata massa e aerodinamica non perdonano. Scarica PDF